“Goodbye Cows” è una video-inchiesta del 2022 che analizza dal punto di vista ambientale, sociale, nutrizionale ed economico le conseguenze che avrebbe la cessazione dell’allevamento di bovini da carne. Secondo “Provacuno” – l’organizzazione che raccoglie i produttori di carne bovina in Spagna, autrice del documentario – il dibattito non deve essere tra carne e vegetali, ma tra carne naturale e cibi vegetali ultra processati.
Quali conseguenze avrebbe sul nostro pianeta un mondo senza carne e senza allevamenti? L’impatto ambientale degli allevamenti di bestiame e dei processi di lavorazione della carne è ormai da tempo oggetto di discussione. Alcuni filoni di pensiero considerano gli allevamenti e, di conseguenza, la carne una delle principali fonti di inquinamento.
Con il contributo di scienziati, ricercatori e docenti universitari, il documentario “Goodbye Cows” analizza le conseguenze che avrebbe sulla nostra società e sul nostro pianeta la completa eliminazione degli allevamenti di bestiame. Il filmato ipotizza uno scenario nel 2036 senza allevamenti, evidenziando che la prima conseguenza sarebbe l’abbandono delle terre e lo spopolamento rurale.
«Se spariscono 115mila famiglie che vivono di zootecnia, si ha l’abbandono dell’ambiente rurale, con regressione demografica in quelle zone. La maggior parte della produzione di carne si concentra in zone marginali di medio-alta montagna, che sono già problematiche per lo spopolamento rurale» sostiene Edelmiro López dell’Università di Santiago de Compostela, spiegando l’importanza del bestiame nel valorizzare i terreni marginali, nel mantenere il paesaggio evitando il dissesto idrogeologico e nel sostenere economicamente le famiglie.
«Se viene poi a mancare il pascolo da parte degli animali, si va incontro ad una trasformazione in foreste, diventando più boschive, arbustive e legnose. Questo sottopone ad un maggior rischio di incendi – aggiunge Sonia Roig dell’Università Complutense di Madrid – Per mantenere un buono stato del territorio il pascolo e la cura dell’uomo sono necessari».
Sono tanti gli esperti intervistati nel documentario, tra cui anche la biologa Maria Diago, che si sofferma su cibi vegani quali tofu e seitan. Secondo lei si tratta di una moda che favorisce processi industriali, distruggendo le foreste e gli ecosistemi naturali.
Infine la scrittrice Lierre Keith racconta la sua esperienza negativa con la dieta vegana. «Ero convita che la dieta vegana fosse la scelta giusta per me e per il pianeta, invece si è rivelata semplicemente un’alimentazione carente – racconta – Non stavo salvando nessun animale ma, al contrario, stavo foraggiando le multinazionali che producono cibi ultra processati vegetali».
Lierre Keith parte da un concetto molto semplice: «Se leggiamo la lista di ingredienti delle imitazioni vegetali della carne, vediamo che è piena di additivi. Il termine “plant-based” non vuol dire che ci siano davvero vegetali all’interno, ma solo estratti. Per produrre questi alimenti ultra processati viene consumata tantissima energia e non è un’alternativa a zero impatto o con zero residui rispetto all’allevamento. Danno un’immagine di prodotti salutari e più sostenibili, ma non è così» afferma.
Secondo gli autori del documentario, quindi, il dibattito non deve essere tra carne e vegetali, ma tra carne naturale e cibi vegetali ultra processati. Perché i fattori che contribuiscono al cambiamento climatico, e sui quali si dovrebbe intervenire per cercare di correre ai ripari sono diversi: dall’abbandono delle zone rurali, alla perdita della biodiversità, all’inquinamento, fino ad arrivare agli incendi.
Guarda il documentario integrale
Fonti:
- Meatthefacts.eu
- Goodbyecows.com
- Provacuno.es
Photo cover: Goodbye Cows