Mentre crescono le alternative vegetali, il Parlamento italiano si muove con proposte legislative per tutelare consumatori e patrimonio zootecnico
La crescente popolarità di alternative vegetali – e la consapevolezza di questioni legate all’ambiente e al benessere animale – sta spingendo l’industria alimentare a riconsiderare le sue pratiche, adattandosi alle richieste dei consumatori sempre più attenti e informati.
Il termine “Meat Sounding” indica una pratica in cui il nome di prodotti tipicamente associati alla carne viene applicato a generi alimentari interamente vegetali, senza contenere alcuna traccia di carne. Questa tendenza ha suscitato dibattiti tra gli esperti del settore alimentare, gli ambientalisti e i consumatori, poiché solleva importanti questioni riguardo all’etichettatura dei prodotti, alla comunicazione con il consumatore e alle tradizioni culinarie.
Il fenomeno – a cui ora si sta cercando di porre un freno per tutelare produttori e consumatori – è approdato in Parlamento, dove recentemente è stato approvato un emendamento all’articolo 2-bis della proposta di legge sugli alimenti “sintetici” (DDL n. 651) che vieta l’utilizzo di nomi che fanno riferimento alla carne e ai suoi derivati per prodotti trasformati contenenti proteine vegetali. Grazie a questa norma, non potremo trovare più sugli scaffali dei nostri supermercati etichette con nomi come “bistecca di soia” o “di tofu”, “hamburger veg”, “mortadella vegana” o “wurstel vegetali”.
> Leggi il Disegno di Legge nr. 651
L’espressione “Meat Sounding” sta ad indicare quei casi in cui il nome di un prodotto tipicamente e tradizionalmente a base di carne viene utilizzato su cibi che non contengono carne, ma sono invece ottenuti a partire da ingredienti vegetali.
Due proposte di legge
L’Italia è uno dei Paesi più danneggiati da questo fenomeno, al quale ora si cerca di porre rimedio. Sono due le proposte di legge attualmente in discussione in Parlamento. La prima, come detto, è l’emendamento al disegno di legge sui cibi sintetici approvato a inizio luglio su iniziativa congiunta dei ministri Lollobrigida (Agricoltura) e Schillaci (Salute).
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Nel dettaglio, l’emendamento stabilisce che:
Per tutelare il patrimonio zootecnico nazionale, riconoscendo il suo elevato valore culturale, socio-economico e ambientale, nonché un adeguato sostegno alla sua valorizzazione, assicurando nel contempo un elevato livello di tutela della salute umana e degli interessi dei cittadini che consumano e il loro diritto all’informazione, per la produzione e la commercializzazione sul territorio nazionale di prodotti trasformati contenenti esclusivamente proteine vegetali è vietato l’uso di:
- denominazioni legali, usuali e descrittive, riferite alla carne, ad una produzione a base di carne o a prodotti ottenuti in prevalenza da carne
- riferimenti alle specie animali o gruppi di specie animale o a una morfologia animale o un’anatomia animale
- terminologie specifiche della macelleria, della salumeria o della pescheria
- nomi di alimenti di origine animale rappresentativi degli usi commerciali
Sullo stesso argomento era stata presentata a fine 2022 una proposta di legge (nr. 746), attualmente all’esame della commissione Agricoltura della Camera dei Deputati. Duplice è l’obiettivo che si pone il legislatore. Da un lato «tutelare il patrimonio zootecnico nazionale e riconoscerne il valore culturale, socio-economico e ambientale». Dall’altro «garantire un adeguato livello di tutela della salute umana e dei consumatori, assicurando loro il diritto all’informazione corretta sulla composizione degli alimenti che consumano».
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